Italia - Trentino: Il Castello del Buonconsiglio



TRENTO: CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO


Il Castello del Buonconsiglio è il monumento più importante di tutto il Trentino. Residenza per più di 5 secoli dei principi-vescovi di Trento, venne costruito in epoche diverse: è infatti composto essenzialmente di 3 parti:
1- il Castelvecchio di età medievale, adornato dalla loggia veneziana e dominato dal grande mastio cilindrico del ‘200, detto Torre di Augusto;
2- il Magno Palazzo del Cinquecento;
3- la Giunta Albertiana del Seicento.



LA STORIA
Il Castelvecchio, fondato nel secolo XIII, è il nucleo originario della costruzione: costruito intorno al mastio, sorge sopra un’altura rocciosa, che in antico era detta del Malconsey, una derivazione dell’espressione COSTRUM MALLI SEU CONSILII, che significava CASTELLO DELL’ADUNANZA PUBBLICA; Malconsey venne poi cambiato, per buon augurio, in Bonconsey, da cui deriva il nome attuale di Buonconsiglio.
Nel 1259 divenne sede vescovile (con il vescovo Egnone) e alla metà del ‘400 fu ampliato dal vescovo Giorgio Hack; intorno al 1475 venne modificato, sopraelevato e decorato dal vescovo Giovanni IV Hinderbach.
Il Magno Palazzo fu fatto edificare dal vescovo trentino Bernardo Clesio (detto anche Bernardo II di Cles), dal 1528 al 1536.
Dal 1686 al 1688 il vescovo Francesco Alberti Poja fece costruire la Giunta Albertiana fra Castelvecchio e il Magno Palazzo, in uno stile che, esternamente, si ispira fedelmente a quello rinascimentale del Magno Palazzo.
Alla metà del XVIII secolo il castello venne ulteriormente decorato.
Dopo il 1803, quando finì il potere temporale dei vescovi di Trento e il principato venne secolarizzato, per il castello cominciò un periodo di degrado. Trasformato in caserma ad opera del governo austro-ungarico, vi ebbero luogo nel 1916 (durante la Prima guerra mondiale) il processo e la condanna a morte degli irredentisti Cesare Battisti, Damiano Chiesa e Fabio Filzi, giustiziati nella fossa dietro il castello.
Alla fine del Primo conflitto mondiale iniziarono i lavori di restauro e ripristino e nel 1924 nel castello venne istituito il Museo Nazionale.
Nel 1974, due anni dopo l’istituzione della Provincia Autonoma di Trento, il castello divenne sede del Museo Provinciale d’arte; nel 1992 ha assunto la denominazione ufficiale di castello del Buonconsiglio Monumenti e Collezioni Provinciali.

LA VISITA

Si entra attraverso il portale in marmo detto di San Vigilio (che fu il terzo vescovo di Trento e oggi ne è il Santo patrono), aperto intorno al 1530 nella cinta muraria che guarda verso la città.



                       Portale di San Vigilio

Si accede alla parte medievale e al cortile antistante a Castelvecchio, da cui si possono ammirare le costruzioni che formano il vasto complesso monumentale. Un portone del ‘200 ad arco acuto conduce al cortile con portici e loggiati su tre livelli. Sul pilastro a sinistra è incisa un’iscrizione con il nome del vescovo Hinderbach e la data del 1475, che segna l’epoca della trasformazione di questa parte del castello dalle forme medievali a quelle rinascimentali, più leggere ed eleganti.
In un ambiente al piano terreno si può ammirare il basamento del mastio cilindrico della prima metà del ‘200, nucleo originario del castello. I capitelli del portico sono decorati con lo stemma del vescovo Hinderbach (un liocorno con cinque fiamme) e le insegne del principato di Trento (un’aquila), alternate a quelle del potere religioso (una mitria e un pastorale). Un’altra iscrizione del 1484 ricorda come il vescovo, attraverso una rete di condutture, fece arrivare l’acqua al castello.

       Stemma del vescovo Hinderbach

Mediante un’elegante scala si sale ai piani superiori del loggiato, le cui pareti sono state affrescate dai pittori veronesi Sacchetto con festoni di foglie e frutta, putti e animali.
All’ultimo piano si trova una loggia gotica ad archi trilobati (detta Loggia veneziana), da cui si ha un’ampia veduta di Trento e delle montagne circostanti. I 9 archi sono sostenuti da 8 colonne in pietra rosa, con capitelli in pietra bianca scolpiti a foglie e motivi figurati.

    La Loggia veneziana

Sulla parete orientale della loggia un affresco di Marcello Fogolino (del 1535 circa) raffigura Carlo Magno in trono fra i dignitari di corte. Più in basso e lungo il loggiato sono raffigurati i vescovi di Trento prima dell’anno Mille.

                          L’affresco con Carlo Magno e una parte della fascia con i vescovi

                      Lo stesso affresco in una prospettiva più ampia

La serie di vescovi continua nella Sala dei Vescovi, con i presuli (= sinonimo di vescovo) trentini che si sono succeduti dal 1027 (quando l’imperatore Corrado II fondò il principato di Trento) al 1800 (l’ultimo principe-vescovo fu Pietro Vigilio Thun). Sopra i vescovi, a sottolineare l’origine imperiale del loro potere imperiale, sono raffigurati i coevi imperatori di Germania e della casa d’Austria; più in alto ci sono i nomi dei papi.

    Una parte della Sala dei vescovi

Nelle sale successive è esposta una notevole collezione di stufe e mattonelle dal XV al XVIII secolo. Si incontra quindi un erker quattrocentesco, con affreschi dei secoli XV e XVI, e si giunge poi nella Cappella con decorazione pittorica dovuta al vescovo Hinderbach; lungo le pareti sono raffigurati santi e dottori della Chiesa entro finte architetture gotiche.
Al piano superiore si trovano alcuni ambienti rinnovati da Bernardo Clesio: in uno di essi è di particolare pregio un caminetto marmoreo con l’emblema dell’Unitas scolpito nell’architrave.

PRIMO PIANO

Si scende quindi al primo piano. Attraverso una bella porta rinascimentale si entra in un corridoio con fregi del ‘500, all’uscita del quale, sul soffitto, è affrescata una Madonna con il Bambino di Marcello Fogolino.
Un passaggio sospeso collega il corpo di fabbrica medievale al Magno Palazzo, che fu la residenza del cardinale Bernardo Clesio. Il primo ambiente è un atrio, che ha nelle lunette le raffigurazioni di divinità dell’Olimpo e il pittore Apelle, eseguite fra il 1531 e il 1532 da Dosso e Battista Dossi, come lo stemma in stucco di Bernardo Clesio circondato da una ghirlanda di foglie e frutta e portato in gloria da putti in volo, che spicca al centro del soffitto.

    Il soffitto con lo stemma del Cles portato in gloria da putti in volo

                      Dettaglio dello stemma cardinalizio di Bernardo Cles

A destra si trova il refettorio (detto Stua della Famea, ossia sala da pranzo per la famiglia), con affreschi di Dosso Dossi che illustrano favole di Esopo e di Fedro nelle lunette, e, nella volta, finte sculture mutile e il grande emblema dell’Unitas. Durante la Prima guerra mondiale questo ambiente venne adibito a tribunale di guerra: qui fu condannato Cesare Battisti.

    La Stua della famea

A sinistra si trova la Cappella (o Domus Orationis, cioè Casa della Preghiera) con la volta decorata con le figure di Dio Padre, degli apostoli, degli evangelisti e dei dottori della Chiesa, modellate in terracotta da Zaccaria Zacchi; tutto intorno scorre un fregio in stucco con girasoli, grottesche e oggetti d’uso liturgico.


Superato l’atrio si esce nel Cortile dei Leoni, che ha tutto intorno la residenza cinquecentesca. Lungo il lato orientale (che coincide con un tratto dell’antica cinta muraria) si trova una fontana di età clesiana, di cui restano solo i due leoni in pietra. In alto nella parete vi sono teste in terracotta opera di Zaccaria Zacchi.

    Cortile dei Leoni

Sul cortile si affaccia la Loggia, che nella volta ha un affresco di Girolamo Romanino (1531-32) con il Carro di Fetonte, le stagioni, immagini allegoriche del Sole e della Luna e alcuni nudi maschili. Nelle lunette ci sono figurazioni mitologiche, scene bibliche, di storia romana e alcuni concerti.
Nelle immagini seguenti puoi vedere alcuni delle affreschi del Romanino.

    La Loggia del Romanino

    Carro di Fetonte

     Il Sole e la Luna

      La Primavera, l’Estate, l’Autunno e l’Inverno


    Concerto campestre


    Quartetto di flauti


    Il suicidio di Cleopatra


    Il suicidio di Lucreazia


    Sansone e Dalila


                          Giuditta e Oloferne


    Le tre Grazie


       Morte di Virginia


                       Nudo Maschile


                       Nudo maschile


                       Nudo maschile

Sopra le colonne verso il cortile sono inseriti 4 medaglioni in pietra scolpiti da Alessio Longhi, che raffigurano gli imperatori Massimiliano I, Filippo il Bello di Spagna, Carlo V e Ferdinando I d’Asburgo.

      Medaglione di Carlo V

    Medaglione di Massimiliano I

      Medaglione di Filippo il Bello di Spagna

Dalla Loggia si scende nella Fossa dei Martiri, che conserva importanti memorie dell’Irredentismo trentino: due are ricordano le vittime delle prime sedizioni del 1848 e la fucilazione di ventuno volontari lombardi dei Corpi Franchi di Michele Allemandi; tre cippi segnano i luoghi della fucilazione di Damiano Chiesa e dell’impiccagione di Cesare Battisti e Fabio Filzi nel 1916.

    Fossa dei Martiri

    I tre cippi in memoria di Cesare Battisti, Damiano Chiesa e Fabio Filzi

Tornando alla Loggia, si può accedere al Corridoio delle Cucine, che metteva in comunicazione con le cucine e i bagni; il Corridoio conserva una magnifica decorazione a fresco del Romanino, con putti che mostrano la palma, l’alloro e il simbolo dell’Unitas; al centro vi è la figura di Minerva e sopra la porta il Supplizio di Prometeo (o forse di Tizio). Dal Corridoio si accedeva alla “stua secca” e alla “stua da bagno”, ossia ai bagni utilizzati dal cardinale per scopi curativi.

    Romanino, Supplizio di Prometeo

Sul lato opposto, per uno stretto passaggio vicino alla scala, si entra nella Camera da basso del Torrione, a pianta circolare, con decorazioni considerate il capolavoro di Marcello Fogolino (1532-33): il centro della volta è occupato dal grande stemma cardinalizio di Bernardo Cles, mentre nella magnifica decorazione a stucco sono incastonati quattro ovali con episodi della vita di Giulio Cesare: Tolomeo mentre presenta la testa di Pompeo, il Triumvirato, Cesare e il Senato e un Trionfo notturno. Nelle lunette sono rappresentati quattordici imperatori romani a cavallo all’interno di suggestivi paesaggi. I piccoli ovali tra le lunette racchiudono figure maschili e femminili di deliziosa fattura mentre nelle vele sono raffigurati satiri e animali fantastici.


Due affreschi di Marcello Fogolino dalla Camera da basso del Torrione

Si passa nella Stua delle Figure (con personificazioni dei pianeti in terracotta di Zaccaria Zacchi), quindi nella Sala delle Udienze, dove vi sono una serie di ritratti del Romanino di imperatori romani, di sovrani del tempo e dello stesso principe vescovo. Sulla parete occidentale è raffigurato Carlo V a colloquio con il fratello Ferdinando, affiancati rispettivamente dallo stemma imperiale e da quello regale di Casa d’Austria. Di fronte, sopra la porta d’ingresso dal cortile, campeggia la maestosa figura di Bernardo Cles(vestito di rosso), ritratto insieme al segretario; ai lati, gli stemmi del principato e della famiglia Cles. Sulla parete sinistra, tre imperatori romani, ai quali corrispondono sulla destra altrettanti regnanti moderni: Massimiliano I d’Asburgo, Filippo il Bello – padre dell’imperatore Carlo V e di re Ferdinando I d’Asburgo – e Carlo il Temerario, che sottolineano l’ideale continuità tra l’Impero Romano e quello guidato dalla Casa d’Austria.

    Sala delle Udienze con il Cles vestito di rosso

   Carlo V con il fratello Ferdinando I, affresco di Girolamo Romanino

                  Carlo il Temerario, del Romanino

Filippo il Bello, del Romanino

Si passa quindi nella Camera del Camin Nero (con affreschi di Dosso Dossi: nella volta le quattro virtù cardinali, gli stemmi di Carlo V e del papa Clemente VII e nelle lunette immagini di arti liberali).

   Camera del Camin Nero

    La volta della Camera del Camin Nero di Dosso Dossi


    La volta della Camera del Camin Nero da un’altra prospettiva

Oltre la Stua della Famea vi sono due Sale della Giunta Albertiana, ornate da stucchi barocchi e da affreschi di Giuseppe Alberti, tra cui il Trionfo della Fede cristiana.

SECONDO PIANO

Dalla Loggia si sale al secondo piano, dove si accede alla Sala Grande, l’ambiente più maestoso e solenne del castello, destinato alle feste e ai ricevimenti: il soffitto è a cassettoni di legno intagliato, dorato e dipinto; il caminetto marmoreo è di Vincenzo Grandi e il fregio con putti intenti a giocare ed emblemi di Bernardo Clesio è di Dosso e Battista Dossi.

    Sala Grande

    Affreschi di Dosso e Battista Dossi nella Sala Grande

    Stemma di Carlo V nella Sala grande

Accanto si trova la Sala degli Specchi, che fu trasformata nel secolo XVIII in stile rococò, ma conserva il bellissimo soffitto del ‘500. All’epoca di Bernardo Cles, la sala ospitava sette preziosi arazzi fiamminghi con la Natività, la Passione e la Resurrezione di Cristo; acquistati a Colonia nel 1531 dal principe vescovo, sono ora conservati nel Museo Diocesano Tridentino.

    La Sala degli Specchi

Dall’altro lato della Sala Grande si passa alla Stua Grande con decorazioni ad affresco rococò e una stufa di maiolica del 1532. Le formelle raffigurano storie bibliche; sulla parete vi è un organo di Carlo Prati del 1695.

    Formelle della stufa di maiolica

                      Una formella della stufa

Quindi si entra nella Camera degli Scarlatti, così detta dal colore dei drappi che l’ornavano nel ‘500: ha il soffitto a cassettoni, in parte rifatto, e un fregio di Dosso Dossi con putti e busti all’antica in finto marmo.
Le due Sale della Giunta Albertiana hanno soffitti dorati del ‘600.

Ritornando in Sala Grande si può uscire sul pianerottolo, che ha un soffitto e un fregio, opera di Dosso Dossi; sopra la porta d’ingresso della Sala Grande, sempre del Dossi, vi è il ritratto di Bernardo Clesio presentato alla Madonna da San Vigilio.

Dosso Dossi, Bernardo Cles presentato alla Madonna da san Vigilio

Si entra quindi nell’ala del Magno Palazzo, che costituiva l’appartamento privato del principe-vescovo Bernardo Clesio. Dopo la Stua del Signor, si entra nella Camera da letto del Principe Vescovo, che ha un fregio del Romanino raffigurante busti di imperatori antichi, putti e rami d’alloro.
Più oltre c’è la Stua della Libreria (cioè lo studio del cardinale Clesio), di cui rimane il soffitto cinquecentesco in legno con lo stemma cardinalizio del Clesio (decorato nel secolo XVIII).
Segue la Biblioteca, un’ampia sala che al tempo del Clesio accoglieva più di mille volumi, con soffitto ligneo a cassettoni dipinti da Dosso Dossi e raffiguranti saggi dell’antichità ritratti a mezzo busto; sulla parete d’ingresso sono dipinti i santi Agostino e Ambrogio, sulla parete opposta San Girolamo e San Gregorio con al centro il Clesio presentato alla Madonna da San Vigilio.
I due piccoli ambienti accanto alla Biblioteca hanno soffitti lignei decorati con arabeschi e nodi su un fondo a finto mosaico.
Imboccando il lungo cammino di ronda alla sommità delle mura medievali, ci si sposta alla Torre Aquila, incontrando prima il Torresello di Mezzo (o Torre del Falco) con affreschi di un artista tedesco, eseguiti nel quarto decennio del XVI secolo.
La Torre Aquila (o Torre dell’Aquila) conserva nella sala al piano di mezzo uno splendido ciclo di affreschi databili intorno all’anno 1400. Essi raffigurano i Mesi (tranne Marzo che è andato perduto) e danno un’immagine poetica della vita feudale alla fine del Medioevo: descrivono con precisione il lavoro dei contadini, degli artigiani, dei pastori e dei cacciatori, insieme alle occupazioni signorili, sullo sfondo di un paesaggio continuamente mutevole a seconda delle stagioni. Nei mesi di Novembre e Dicembre compare una veduta della città di Trento con le mura e il nucleo antico del Castello del Buonconsiglio.

Gennaio

Febbraio

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

Ritornati alla Loggia, si procede per un pianerottolo con affreschi del Romanino su temi allegorici, mitologici e di genere; tra essi le allegorie dell’avarizia, della prodigalità, dell’impudicizia e della castità (Dama con liocorno).

    Dama con liocorno del Romanino

Percorrendo la scala, si scende nell’ambiente sottostante, Revolto sotto la Loggia. Le pareti conservano magnifici affreschi di Girolamo Romanino con scene allegoriche, mitologiche e di genere, fra cui la paga degli operai del cantiere del Magno Palazzo, il riposo durante una battuta di caccia, l’incontro di un soldato con una prostituta, la castrazione di una gatto e il ritratto del buffone di corte Paolo Alemanno, sopra la porta che dà accesso al giardino.

    La paga degli operai, affresco di Girolamo Romanino


   Soldato con prostituta, del Romanino


    Castrazione di un gatto, del Romanino


    Il buffone di corte, del Romanino

Ricostruito al tempo del restauro del Castello, il Giardino era dotato di una loggia aperta a quattro arcate, murate nel secolo XIX, quando fu adibita a prigione dal governo austriaco. Ricco di una grande varietà di piante odorose e ornamentali, esso aveva al centro una fontana con la statua di Nettuno; in origine vi si apriva la loggia addossata all’ala meridionale del Magno Palazzo, decorata con affreschi (perduti) di Marcello Fogolino e contenente una grotta artificiale di tufo con giochi d’acqua che azionavano autonomi.

   Giardino

Attraverso il giardino e il piano terreno della Giunta Albertiana, si accede al Refettorio, che conserva una delle decorazioni più interessanti del Magno Palazzo, eseguita da Marcello Fogolino intorno al 1532. Sulle pareti verso il giardino, meglio conservate, sono raffigurati due concerti; inoltre una grande raffigurazione (Silberbuffet) di piatti, bicchieri, brocche e altre suppellettili preziose utilizzate nei banchetti. Le volte sono decorate a grottesche su fondo giallo-oro e con tondi raffiguranti lo stemma cardinalizio di Bernardo Cles, un uomo che spreme un grappolo, un altro che assaggia il vino e una giovane donna con spighe. Nella parte più interna dell’ambiente si conserva il lavabo cinquecentesco, sovrastato dalla raffigurazione ad affresco di danze e balli campestri nella lunetta. All’ingresso della cantina, a sinistra, si trova l’iscrizione che ricorda l’inizio dei lavori di costruzione del Magno Palazzo il 25 febbraio 1528.

    Affreschi delle cantine

    Affreschi delle cantine


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