LA CAPPELLA SISTINA:
Veduta dell'insieme
La volta della Cappella Sistina
Un particolare della volta
Michelangelo Buonarroti e la Cappella Sistina
Michelangelo Buonarroti (nato il 6 marzo 1475 da una famiglia di antica
stirpe fiorentina di parte guelfa, il cui declino finanziario era
cominciato con il nonno Lionardo) fu a Roma per la prima volta nel 1496.
Il suo arrivo nella città pontificia è legato a un episodio curioso:
Michelangelo aveva eseguito una piccola statua in marmo (Cupido addormentato)
che nella Firenze guidata da Girolamo Savonarola (un frate che aveva
imposto alla città un regime di fanatismo religioso, contrario a
qualunque ostentazione di ricchezza, contro la quale minacciava
apocalittiche punizioni divine) difficilmente poteva essere venduta,
dato il soggetto pagano. Così Lorenzo Popolano (un membro del ramo
cadetto della famiglia Medici, a cui Michelangelo era legato da molti
anni) suggerisce allo scultore l’idea di farla passare per antica e di
spedirla a Roma, dove viene acquistata dal cardinale Riario, nipote del
papa Sisto IV. Però il cardinale scopre l’inganno e rivuole indietro i
soldi che ha sborsato, ma chiede anche di conoscere l’abile artista che
aveva fatto la statua; Michelangelo si convince a trasferirsi a Roma.
Nella città del papa Michelangelo rimane fino al 1501, quando ritorna a
Firenze, che si era liberata del Savonarola mandandolo al rogo nel 1498. A Roma Michelangelo aveva scolpito la Pietà, opera celeberrima, che segnò per l’artista l’inizio riconosciuto della sua grandezza d’artista.
È proprio la fama della Pietà
che spinge nel 1505 il papa Giulio II (della famiglia Della Rovere e
nipote del papa Sisto IV, da cui deriva il nome della Cappella Sistina) a
richiamare a Roma Michelangelo. Giulio II è un papa guerriero, vuole
fare della Chiesa un grande Stato, che fermi l’espandersi di Venezia e
cacci fuori dall’Italia gli stranieri che l’avevano invasa; vuole
trasformare la città anche dal punto di vista urbanistico e
architettonico e per questo chiama alla sua corte i maggiori artisti del
tempo, tra cui Michelangelo e Raffaello. A Michelangelo commissiona un
grandioso mausoleo, ma il progetto viene accantonato: in compenso
l’artista eseguirà la volta della Cappella Sistina, iniziata nel maggio
1508.
I rapporti tra il papa e l’artista sono contrastati: i due giungono
infatti più volte alla rottura, il papa nega spesso di ricevere
Michelangelo e questi altrettanto spesso fugge da Roma all’improvviso.
Eppure con nessuno quanto con il papa Michelangelo si è inteso: entrambi
hanno lo stesso carattere orgoglioso e irascibile e, alla fine, dal
loro sodalizio nasceranno opere immortali.
La Cappella Sistina (che era stata costruita già sotto il papa Sisto IV)
aveva problemi di statica, tanto che già nel 1504 sulla volta erano
state inserite delle catene di ferro, il che aveva compromesso la
vecchia decorazione a cielo stellato. Giulio II decide di affidare a
Michelangelo un nuovo apparato decorativo: la decisione era stata
incoraggiata da Bramante, che voleva mettere in difficoltà Michelangelo,
fino ad allora dedito soprattutto alla scultura, costringendolo a
cimentarsi con la pittura. Per Michelangelo fu una sfida, per la quale
l’artista stesso afferma di aver avuto carta bianca. In realtà gli
studiosi hanno ipotizzato che l’intervento del pontefice sia stato
diretto, al fine di realizzare con la volta della cappella la gloria del
papa.
Tutta la volta, infatti, è costruita come una successione di cinque
enormi archi trionfali, che rimandano esplicitamente all’Arco di
Costantino dipinto più volte negli affreschi sottostanti voluti da Sisto
IV. In questo modo il corteo papale che entra nella Cappella Sistina,
sfilando sotto gli archi fino ad arrivare all’altare, ripercorre tutta
la storia della salvezza: dalle scene della Creazione alle storie di
Noè, dal figlio Cam fino ad Abramo e da questi, lungo le quaranta
generazioni narrate dall’evangelista Matteo, fino a Giuseppe padre di
Gesù, mentre alle pareti le storie di Mosè e di Cristo arrivano fino
all’Assunzione di Maria (simbolo della Chiesa trionfante) e alla serie
dei pontefici, che arriva idealmente fino allo stesso Giulio II.
Michelangelo termina la volta della Cappella Sistina nel 1512, anno in
cui la Repubblica di Firenze cade e, appoggiati dal papa e dagli
spagnoli, i Medici possono ritornare in città. All’inizio del 1513
Giulio II muore: gli succede il cardinale Giovanni de’ Medici, col nome
di Leone X, che permetterà a Michelangelo di continuare a lavorare a
Roma.
Le pitture della volta della Cappella Sistina:
Michelangelo progettò di dipingere nella volta della Cappella storie
della Genesi, Profeti e Sibille, Antenati di Cristo e varie altre figure
con funzione araldica o allegorica; in questo modo dipingeva un
antefatto delle pitture del Quattrocento che si trovano alle pareti
(storie di Mosè, di Cristo e la serie dei pontefici).
L’artista realizzò un ponteggio sospeso, agganciato alle pareti, e
cominciò i lavori nel maggio 1508, dapprima con alcuni collaboratori
fiorentini, poi quasi da solo.
Storie della Genesi:
Tra i pilastri della Cappella, sotto il primo cornicione aggettante della volta, si susseguono 5 Sibille e 7 Profeti, i cosiddetti Veggenti:
Michelangelo ha poi dipinto 8 vele e 16 lunette con gli Antenati di
Cristo: eccole, secondo l'ordine a zig-zag (da una parete all'altra) con cui vanno lette:
Storie della Genesi:
Separazione della luce dalle tenebre
Creazione delle piante; creazione degli astri
Separazione della terra dalle acque
Creazione di Adamo
Creazione di Eva
Peccato originale e cacciata dal Paradiso
Sacrificio di Noè
Diluvio universale
Ebbrezza e derisione di Noè
Tra i pilastri della Cappella, sotto il primo cornicione aggettante della volta, si susseguono 5 Sibille e 7 Profeti, i cosiddetti Veggenti:
La Sibilla Libica
La Sibilla Cumana
La Sibilla Delfica
La Sibilla Eritrea
La Sibilla Persica
Il Profeta Giona
Il Profeta Daniele
Il Profeta Isaia
Il Profeta Zaccaria
Il Profetea Gioele
Il Profeta Ezechiele
Il Profeta Geremia
Nei pennacchi agli angoli della volta Michelangelo ha dipinto 4 storie legate alla salvazione del popolo di Israele:
David e Golia
Giuditta e Oloferne
La punizione di Amàn
Il serpente di bronzo
Zorobabel, Abiud e Eliacim
Ezechia, Manasse e Amon
Ozia, Ioatam e Acaz
Roboamo e Abia
Iesse, Davide e Salomone
Salmòn, Booz e Obed
Naasson
Aminabad
Le due lunette che Michelangelo dipinse sulla parete dell'altare (una con Esrom, Fares e Aram, l'altra con Giacobbe, Abramo, Giuda e Isacco) sono state distrutte dallo stesso Buonarroti, che aveva bisogno di spazio per dipingere il Giudizio Universale.
Al di sopra dei Veggenti ci sono 10 coppie di Ignudi con
al centro dei medaglioni di bronzo, alcuni dei quali opera di collaboratori di Michelangelo. I medaglioni sono stati dipinti con colori come l'ocra e la terra bruciata di Siena, per simulare l'apparenza del bronzo; le ombre sono tratteggiate a tempera nera e le lumeggiature con l'oro zecchino. Ecco qui di seguito gli Ignudi, sia singolarmente, sia (in alcuni casi) nella coppia com medaglione:
1
3
4
5
6
I due Ignudi precedenti con medaglione raffigurante la distruzione di un simulacro
7
8
I due Ignudi precedenti con medaglione raffigurante l'uccisione di Uria
9
10
I due Ignudi precedenti con medaglione raffigurante la distruzione della tribù di Achab, dedita al culto di Baal
11
12
I due Ignudi precedenti con medaglione raffigurante David davanti al profeta Nathan
(o anche Alessandro Magno davanti al gran sacerdote di Gerusalemme)
13
14
I due Ignudi precedenti con medaglione raffigurante la morte di Assalonne
15
16
I due Ignudi precedenti con medaglione (l'unico non istoriato)
20
Infine, al di sopra delle vele sono
disposte 12 coppie di ignudi a monocromo bronzeo (li puoi vedere nelle immagini delle vele, più sopra).
L'affresco con il Giudizio Universale:
L'affresco con il Giudizio Universale:
Nel 1533 papa Clemente VII ebbe
l’idea di far affrescare a Michelangelo un Giudizio Universale sulla parete
d’altare della Cappella Sistina; il papa morì poco dopo, ma l’idea venne
ripresa dal successore Paolo III. Nel 1535 Michelangelo fece montare i ponteggi
sulla parete, che venne rivestita con uno strato di mattoni, con maggiore
spessore in alto e minore in basso: in questo modo la superficie era
leggermente inclinata e risultava meglio visibile dal basso. L’artista cominciò
il lavoro nel 1536 e lo terminò nel dicembre del 1540; l’intera parete fu
svelata il 31 ottobre 1541.
L’affresco del Giudizio
Universale si presenta come un’unica grande architettura, composta da varie
parti tra loro collegate. In alto sono gli angeli con i simboli della Passione,
sotto Cristo Giudice con Maria Vergine attorniati dalle schiere dei beati e dei
santi. Nella fascia mediana, al centro ci sono gli angeli con le trombe del
Giudizio, a sinistra i giusti che salgono verso il cielo, a destra i dannati
ricacciati agli inferi. Infine, nella fascia più bassa, c’è a sinistra la
resurrezione dei corpi e a destra i dannati condotti all’Inferno.
Il Giudizio Universale
Nel 1564, un mese prima della
morte di Michelangelo, il Concilio di Trento decretò che le troppe nudità
dell’affresco fossero censurate: si incaricò dell’operazione Daniele da
Volterra, allievo del Buonarroti, il quale cominciò a dipingere sulle nudità
alcune varie coperture (veli, perizomi, abiti), che vennero chiamate
“braghettoni”. Daniele da Volterra morì senza aver terminato il suo compito, ma
negli anni successivi ci furono altri interventi censori, in parte eliminati
con il restauro compiuto dal 1990 al 1994.
Nelle due lunette in alto
Michelangelo mette due gruppi di angeli con i simboli della Passione: da una parte
la croce e la corona di spine, dall’altra la colonna (alla quale Cristo venne
legato e flagellato) e la canna con in cima la spugna imbevuta di aceto con cui
si diede da bere a Gesù.
Questi oggetti (e non altri come
faceva parte della tradizione) sono sorretti o portati da due diverse schiere
di angeli apteri, cioè senza ali; la scelta di Michelangelo fece discutere,
perché era anomala, e l’artista venne anche tacciato di eresia.
La lunetta di sinistra
La lunetta di destra
Anche nel dipinto del Cristo
Giudice e di Maria Vergine Michelangelo fece delle scelte personali, che
vennero all’epoca criticate. Gesù è senza il trono e senza la barba e, anziché
essere inserito nella tradizionale mandorla, è circonfuso da un nimbo di luce.
Maria ha un atteggiamento sottomesso, in contrasto con la devozione dell’epoca,
che la vedeva assumere un ruolo di intercessione verso il Figlio. Entrambe le
figure hanno un chiaro riferimento all’antichità: Maria ripete la posa della
Venere accovacciata, Cristo quella del Laocoonte.
Cristo Giudicante e la Vergine Maria
Attorno al Cristo la schiera di
santi e beati forma al centro un anello, che arriva quasi a chiudersi e che
rimanda alla “rosa mistica” dantesca; nel Giudizio Universale ci sono molti
riferimenti alla Commedia di Dante Alighieri.
A sinistra e a destra altri
eletti formano due ali un po’ separate, con varie figure non sempre di facile
interpretazione: a sinistra la vecchia che scopre le orecchie e mostra i seni
cadenti è forse una Sibilla, mentre quella che ha un’altra figura femminile
aggrappata alle gambe rinvia al gruppo della Niobe. A destra l’uomo che porta
la grande croce è forse Disma, il buon ladrone, mentre le altre figure
rappresentano (secondo il modello del Paradiso dantesco) i vari spiriti:
amanti, sapienti, militanti, giusti, contemplanti.
Gruppo di beati a sinistra del Cristo
Dettaglio dei beati di sinistra
Disma, il buon ladrone
I personaggi dell’anello attorno
a Cristo sono più facilmente identificabili: l’uomo che trattiene con le mani
la pelliccia è Giovanni il Battista; accanto a lui Andrea tiene la tipica croce;
san Pietro è quello che rende a Gesù le chiavi d’oro e d’argento; dietro di lui
c’è, vestito con un manto rosso, uno spaventato san Paolo; in primo piano,
seduto, c’è san Lorenzo, che tiene sulla spalla la graticola con cui è stato
arso; dietro di lui forse c’è santa Lucia, come fanno pensare gli occhi storti,
che sono emersi solo dopo il restauro; san Bartolomeo, che tiene in una mano il
coltello con cui è stato scorticato e nell’altra la pelle (nel cui volto
qualcuno dice esserci un autoritratto di Michelangelo). Abbiamo poi l’apostolo
Simone con la sega, l’apostolo Filippo con la croce, san Biagio con i pettini
di ferro, Caterina d’Alessandria con la ruota dentata, Sebastiano con le
frecce.
San Giovanni il Battista
Gruppo con san Pietro e san Paolo
San Lorenzo e santa Lucia
San Bartolomeo
I santi Simone, Filippo, Biagio, Caterina e Sebastiano
Il gruppo di angeli al centro
della fascia mediana fu in parte criticato, perché Michelangelo rappresentò
quelli che suonano la tromba con le guance gonfie, come venivano rappresentati
Eolo e i venti. Essi hanno il compito di svegliare i morti col suono delle
trombe, mentre gli angeli in primo piano sostengono i libri sui quali sono
scritte le sentenze divine. A sinistra il libro è di modeste dimensioni, poiché
è il “libro della vita”, che segnala l’ascesa dei beati al cielo; a destra il
libro che contiene la condanna a finire “nello stagno di fuoco”, è un grosso
tomo, che deve essere sostenuto da due angeli. Michelangelo ha voluto così dire
che i peccatori sono molto più numerosi dei santi.
Gli angeli con le trombe del Giudizio
Dettaglio degli angeli con le trombe del Giudizio
A sinistra nella fascia mediana
sono raffigurati i redenti che salgono tra i beati: sembrano muoversi verso
l’alto indipendentemente dalla volontà divina, con un’espressione di
incredulità e di paura dipinta sul viso, come se l’umanità redenta non riesca a
credere alla propria salvezza eterna o non ne abbia ancora preso coscienza. I
due uomini dalla pelle più scura rappresentano i popoli lontani, che si sono
convertiti alla fede che può salvare per l’eternità.
Redenti che salgono tra i beati
A destra della fascia mediana ci
sono i dannati, che, dopo essere risorti il giorno del giudizio, vengono
ricacciati all’inferno; essi, come nell’Inferno dantesco, si ribellano alla
loro condanna, ma angeli (distinguibili per le vesti colorate) e diavoli li
risospingono in basso. Questi dannati rappresentano i sette vizi capitali,
infatti Michelangelo ha rappresentato (da destra a sinistra)
- un lussurioso, tirato giù per i
genitali da un diavolo
- un superbo, punito per
contrappasso con la testa in giù
- un goloso, in ombra, con una
mano puntata sulla gola e la bocca aperta
- un iracondo, che lotta accanitamente
contro due angeli, uno in verde e uno in rosso
- un accidioso, con le mani
giunte, che sembra scivolare in basso per inerzia
- un avaro, con la sacchetta dei
denari e le chiavi dei forzieri
- un invidioso, che rincorre un
risorto che sta salendo in alto.
Isolato a sinistra c’è infine un
dannato del quale nessuno angelo si occupa: viene di solito identificato come
un orgoglioso o un disperato, ma è più probabile che rappresenti un ignavo,
cioè un indeciso e un vile, uno senza infamia e senza lode (secondo la
definizione di Dante), che nemmeno gli sforzi dei diavoli riescono a smuovere.
I dannati ricacciati negli inferi
Al suono delle trombe del
giudizio, i defunti si svegliano dal sonno della morte (fascia in basso, a
sinistra). Michelangelo li ha rappresentati nei vari stadi successivi con cui
gli scheletri riacquistano la carne e riprendono l’aspetto umano: alcuni escono
da un avello, altri direttamente dalla terra, alcuni escono solo con la testa,
altri con il busto o quasi completamente. I corpi sono intorpiditi e stanchi,
deboli e pesanti, perlopiù nudi o avvolti nei sudari funebri. A sinistra una
figura barbuta che non fa parte dei defunti è stata variamente interpretata. A
destra angeli e demoni si disputano due corpi: uno è trattenuto da un serpente
che funge da corda trattenuta da una mano che esce dalla roccia, l’altro aiuta
i due angeli che lo portano in alto a liberarsi dal demonio che lo tira per i
capelli.
La resurrezione dei corpi
In basso a destra c’è infine
l’ingresso dei dannati all’inferno. Michelangelo ha tenuto presente la lezione
dantesca, rappresentando sia Caronte che porta all’inferno i dannati sulla sua
barca e li batte con il remo, sia Minosse che ha il compito di inviare le anime
a un dato girone dell’inferno a seconda del numero di giri che il serpente fa
attorno al suo corpo. Secondo Giorgio Vasari (pittore e storico dell’arte del
Cinquecento) Michelangelo ha dato al viso di Minosse le fattezze di Biagio da
Cesena, il cerimoniere del papa, che salendo sui ponteggi del Giudizio avrebbe
criticato le molte nudità delle figure; per questo Michelangelo ha dipinto il
serpente nell’atto di mordere i genitali a Minosse.
Ingresso dei dannati agli inferi
Caronte batte i dannati
Dettaglio di Caronte
Dettaglio di due diavoli
Dettaglio dei dannati
Un altro dettaglio dei dannati
I dannati e Minosse
Dettaglio di Minosse
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